LE MALATTIE MIEOLOPROLIFERATIVE CRONICHE Ph -

STORIE DI PAZIENTI

Oggi è San Valentino, a casa porterò una confezione di cioccolatini e una rosa a mia moglie per non dimenticare il nostro affetto. A casa troverò anche i miei due piccoli campioni che mi aspettano. Intanto, avanti con il lavoro … però mi sento un po’ strano, sarà questo giaccone delle ferrovie, mi manca l’aria, anche questi uffici con i termosifoni a mille … mi gira la testa … mi viene da vomitare… sudo freddo … sono seduto, ma se non mi appoggio con la testa sopra la tastiera del computer, cado a terra. “

Ecco, così è iniziata la mia avventura con le mieloproliferative. Era il 1997, da lì a pochi mesi avrei subìto altri momenti difficili come il duro terremoto a settembre, la morte di un mio giovane parente e quella della nonna di mia moglie. Ma veniamo alla Policitemia Vera che mi fu diagnosticata dopo quell’evento del 14 febbraio. Appena tornai a casa, avvisai il medico di famiglia del malore. Avevo solo 38 anni e il medico fece una prima diagnosi di vertigini, forse labirintite, ma la conferma doveva venire con le analisi del sangue. Analisi che, invece, dimostrarono una situazione dell’emocromo tutta sballata. L’ematocrito era quasi al 60% e le piastrine oltre 600.000. “Qualcosa non va nel midollo”, disse il mio medico e, preso il telefono, fece quel numero che mi portò, da lì a qualche giorno, in un mondo tutto nuovo.
Telefonò al Prof. Martelli, un luminare delle malattie midollari del Policlinico di Perugia, per un appuntamento nel suo studio. Preso sotto le sue cure, iniziai una serie di analisi compresa la biopsia osteomidollare (Bom) per capire cosa stava succedendo. Forse si trattava di una Policitemia secondaria dipendente da problemi di ossigenazione del sangue o altro, ma fu proprio il risultato della Bom a dare il responso che la Policitemia in atto era di tipo Rubra Vera vs Mielofibrosi.
Internet, l’enciclopedia medica… cerco notizie su cosa sia, su cosa vuol dire, è pericolosa?... Prima qualche pianto, con mia moglie sempre vicina che cerca di confortarmi e mi dice “forza, vedrai che ce la faremo, come sempre ed io ti starò vicino e se dobbiamo andare a curarci in qualsiasi posto al mondo, ci andremo!” poi, grazie a lei e al fatto che dovevo comunque pensare positivo, anche per i miei due campioni che erano così piccoli e avevano bisogno di me, mi misi a percorrere il cammino delle cure che mi venivano proposte. Pensavo che mi poteva essere capitato di peggio e che, in fondo, la malattia, se pur grave, mi lasciava ancora tante speranze.
Così, da lì in poi, pieno di quelle speranze, iniziai una terapia fatta da emocromi continui, salassi e idrossurea per contenere i valori dell’ematocrito entro il 45% e, in seguito, di cardioaspirina per evitare le complicazioni trombotiche. All’inizio non fu facile stabilizzare e dosare la cura, ma poi, passando i mesi e gli anni, riuscii a “fare il medico di me stesso” come mi aveva consigliato il Professore. Ogni anno, poi, con l’ecografia dell’addome, controllavo anche lo stato della milza e del fegato. In questi anni, ma era un rischio conosciuto, ebbi anche una ischemia transitoria che, fortunatamente, non lasciò conseguenze. Passa il tempo, cinque, dieci anni e sembra oramai tutto stabilizzato, anche la commissione per l’invalidità civile mi riduce la percentuale di invalidità, ma non me ne frega, mi sento bene ed è quello che conta di più. Ma alla fine del 2010 i valori dell’ematocrito si alterano di nuovo. Questa volta si abbassano, l’emoglobina e le piastrine tendono ad andare sotto i limiti minimi e, peggio ancora, la milza è divenuta enorme, ben 26 cm. Splenomegalia? Da cosa è dovuta? Di nuovo dal Prof. Martelli e di nuovo la Bom con una diagnosi senza scampo: Mielofibrosi post Policitemia. Il midollo ha evidenti segni di fibrosi e la milza lo sta sostituendo nelle funzioni. Cosa fare? Con la idrossurea non si riesce a controllare la malattia, si prova anche l’Interferon ma i risultati non vengono, anzi, sto dimagrendo a vista d’occhio e mi sento sempre più debole, mi assale anche lo sconforto e la depressione … Al lavoro non riesco a concentrarmi, cerco comunque di andare avanti, ma, nonostante i permessi della legge 104, chiedono sempre di più. Alla fine faccio domanda per la pensione di invalidità. La commissione medica che mi visita, neanche conosce la malattia, all’inizio rigetta la mia domanda, ma poi accetta di mandarmi in pensione per inabilità se pur con una penalizzazione economica. Peccato, quei soldi in più mi sarebbero serviti, ho ancora i figli giovani che debbono studiare, ma non ce la faccio a continuare. Nel frattempo, contatto anche un altro grande esperto ematologo, di cui evito di fare il nome, vado nel suo studio in quella città del nord fredda e umida. Spero in una soluzione alternativa all’interferon e all’idrossurea ma l’unica risposta è un grafico sul computer dove mi indica una vita media di cinque anni o poco più. “Forse” mi dice, ”ci sono anche farmaci sperimentali, ma devi procurarteli …” Che crudezza e che insensibilità!!
Torno dal Prof. Martelli, che, capendo il mio stato d’animo (anzi il nostro … anche quello di mia moglie) contatta il Prof. Vannucchi del Careggi di Firenze. Il Prof. Vannucchi sta seguendo dei protocolli sperimentali proprio per la mielofibrosi. Vado a Firenze e proprio lì trovo un gruppo splendido. Vengo preso in cura dalla Dott.ssa Guglielmelli che, con il Prof. Vannucchi mi dice subito che per la mielofibrosi ancora non ci sono cure che guariscono, ma la loro attenzione sarà nel cercare di migliorare la mia vita contenendo o riducendo gli effetti della malattia. Di nuovo analisi, comprese quelle per la valutazione genetica e molecolare. A conferma, nei risultati, il gene Jack2 modificato.
Nel novembre 2011, dopo il consenso del Comitato Etico, vengo inserito in un protocollo per l’assunzione del Ruxolitinib come uso “personale”. Bella questa parola usata dal Prof. Vannucchi, uso “personale” al posto di quella più deprimente di “compassionevole”.
Sembra un nulla, ma questa è vera attenzione al malato!
Ancora oggi sto assumendo il Ruxolitinib e i valori dell’emoglobina e delle piastrine sono andati sempre migliorando. Per ultimo, anche l’ecografia della milza, fatta pochi giorni fa, ha dato un buon responso, è diminuita ancora, adesso sta sui 18 cm, quasi al livello pre-mielofibrosi. Intanto la ricerca cammina, lo testimoniano le nuove cure in sperimentazione che ogni anno, nella giornata fiorentina dei pazienti delle MMP (Malattie Mielo Proliferative) i più grandi esperti internazionali ci presentano. Anche l’associazionismo non sta a guardare, proprio il 29 gennaio di quest’anno è stato costituito il Gruppo Pazienti MPP Ph- dell’AIL per condividere con i malati e i loro familiari le problematiche di tutti i giorni e dar loro i supporti necessari. Allora? Avanti


 
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